
L’Occhio del Gatto (Cat’s Eye, 1985) è un adattamento cinematografico di tre racconti brevi tratti dall’opera di Stephen King, ideato e diretto da Lewis Teague. Sebbene il film non goda della stessa fama di altri grandi adattamenti del re dell’horror, come Shining o Carrie, L’Occhio del Gatto possiede un suo fascino particolare, che merita di essere riscoperto, specialmente per chi è appassionato del genere horror che intreccia elementi soprannaturali con un tocco di suspense psicologica. Teague costruisce un’atmosfera inquietante, ma allo stesso tempo affascinante, sfruttando l’intuizione e il mistero tipici dei racconti di King. Con un budget modesto e una durata contenuta (circa 90 minuti), il film si concentra su tre storie separate, tutte legate dall’apparizione di un misterioso gatto che diventa un vero e proprio protagonista della narrazione.
La scelta di strutturare il film come un’antologia, ovvero una serie di storie autonome ma collegate, permette a Teague di esplorare vari aspetti dell’horror senza vincolarsi a un’unica trama o tono narrativo. Ogni racconto si distingue per l’atmosfera e il tema che affronta, ma c’è un filo conduttore che lega tutte le storie: il gatto, un animale che, senza mai essere davvero protagonista in senso stretto, gioca un ruolo cruciale in ogni episodio. Questo approccio antologico non solo rende il film interessante per il suo ritmo incalzante, ma permette anche di esplorare più facce dell’horror, passando dal soprannaturale al thriller psicologico, fino ad arrivare al più puro terrore psicologico.
La Prima Storia: Quitters, Inc.
La prima storia, Quitters, Inc., è una riflessione sulla dipendenza e sulla lotta interiore per liberarsi da un vizio. James Woods interpreta Victor, un uomo che cerca di smettere di fumare, e si affida a un controverso programma di trattamento gestito da una misteriosa organizzazione chiamata Quitters, Inc., che sembra andare ben oltre i limiti del semplice trattamento psico-terapeutico. La terapia per smettere di fumare è semplice e chiara: se Victor fumerà ancora la moglie sarà torturata con l’elettroshock. L’introduzione del gatto, che sembra essere una sorta di testimone, complice e vittima di eventi inspiegabili, funge da catalizzatore per la crescente paranoia e il senso di ineluttabilità che Victor sperimenta durante il suo percorso.
Questa storia gioca sulla paura della perdita del controllo, una tematica centrale in molte opere di King. Victor è un uomo che crede di poter controllare la sua vita, ma si trova rapidamente sopraffatto dalle forze esterne che non può dominare. La tensione cresce costantemente, portando a una scena finale sorprendente che lascia sbalorditi, facendo emergere un sottile commento sul controllo e sul destino.

La Seconda Storia: Il cornicione
La seconda storia, Il cornicione, ha toni decisamente più thriller e psicologici. Qui, il protagonista, interpretato da un giovane e convincente Robert Hays, si trova coinvolto in una sorta di sfida mortale. Un uomo ricco e spietato costringe l’uomo a camminare lungo il bordo di un grattacielo come parte di un gioco sadico, con la sua vita in bilico. L’ingresso del gatto in questa storia non è così evidente all’inizio, ma la sua presenza diventa determinante quando l’animale si comporta in modo strano, come se potesse prevedere l’esito degli eventi. Questa parte del film sfrutta la paura dell’altezza e l’ansia, ma anche la visione di un individuo messo a dura prova dalla situazione in cui si trova, costretto a decidere in tempo reale se vivere o morire.
Il gatto qui si presenta come simbolo della resistenza e della speranza: è l’unico compagno che il protagonista ha mentre affronta il pericolo. La sua capacità di vedere oltre, di comprendere la situazione, accentua l’aspetto metafisico e simbolico del film, facendo sembrare che l’animale conosca già la fine della storia, e che in qualche modo stia guidando il protagonista verso la sua salvezza o condanna.
La Terza Storia: Generale
Il gatto finalmente giunge nella città di destinazione, viaggiando su un vagone merci, e viene subito adottato da Amanda (Drew Barrymore). La piccola lo battezza col nome di Generale. La madre è contraria alla sua presenza in casa, preoccupata che il gatto possa far del male al pappagallo di Amanda, e decide di tenerlo fuori. Ma Generale non si allontana mai dalla casa: ha infatti visto un piccolo e minaccioso troll entrare e nascondersi nella stanza di Amanda.
Il troll una sera si intrufola nella stanza di Amanda cercando di soffocarla, causando seri problemi alla sua respirazione. Il gatto affronta il mostro in una lotta che culmina con la sua vittoria: il troll finisce nel ventilatore della stanza, distrutto in mille pezzi. Amanda, che si era svegliata durante il combattimento, urla attirando l’attenzione dei genitori. Inizialmente scettici riguardo alla sua versione dei fatti, quando trovano i resti del troll, i genitori sono costretti a credere che Generale sia realmente un protettore.
Dopo questo evento, il gatto viene finalmente accolto dalla famiglia e ormai Generale è diventato parte della vita di Amanda e pronto a proteggerla in ogni momento.

Il gatto che affronta il male direttamente, senza paura e con determinazione, culmina in un finale che ci fa riflettere sulla lotta tra il bene e il male, dove anche la creatura più piccola può essere in grado di agire come un cavaliere solitario, pronto a sfidare l’oscurità per una causa giusta.
In definitiva, L’Occhio del Gatto è un film che non ha ricevuto tutta l’attenzione che merita, ma che offre un’esperienza affascinante per gli appassionati di horror e per chi ama le storie di Stephen King. Con una trama intrigante e un simbolismo potente, il film è una riflessione sulla paura, sulla solitudine e sulla capacità di resistere alle difficoltà. La figura del gatto, che agisce come simbolo di salvezza e osservazione, rappresenta il cuore pulsante della pellicola.
Il film non è il più spaventoso né il più complesso del suo genere, ma la sua atmosfera di inquietudine e la sua capacità di giocare con le emozioni e le paure dei protagonisti lo rendono una visione interessante, che merita di essere apprezzata soprattutto dagli amanti del cinema horror che desiderano qualcosa di meno convenzionale.